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Né maschile né femminile: non voglio niente di tutto ciò

da Testo Yonqui di Beatriz Preciado

Qualche codice semio-tecnico della femminilità:

“Piccole donne, il coraggio della madre, la pillola, cocktail stracarico di estrogeni e di progesterone, l’onore delle vergini, la Bella addormentata nel bosco, la bulimia, il desiderio di bimbo, la vergogna della deflorazione, la Sirenetta, il silenzio di fronte allo stupro, Cenerentola, l’immoralità ultima dell’aborto, i dolci, saper fare un buon pompino, il Lexomil, la vergogna di non averlo ancora fatto, Via col vento, dire no quando si vuol dire si, restare a casa, avere delle piccole mani, le ballerine d’audrey hepburn, la codeina, prendersi cura dei capelli, la moda, dire si quando si vuol dire no, l’anoressia, sapere tra sé che chi ti piace veramente é la tua amica, la paura di invecchiare, la necessità di essere costantemente a dieta, l’imperativo della bellezza, la cleptomania, la compassione, la cucina, la sensualità disperata di Marylin Monroe, la manicure, non far rumore quando cammini, non far rumore quando mangi, non far rumore, il cotone immacolato e cancerogeno del tampax, la certezza della maternità come legame naturale, non saper urlare, non sapersi battere, non saper uccidere, non sapere troppe cose o saperne molte ma non poterlo dire, saper attendere, l’eleganza discreta di Lady D., il prozac, la paura di essere una cagna in calore, il valium, la necessità del tanga, Continued…

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Dignità, libertà, autodeterminazione: riflessione sul 13 febbraio e oltre

da Aut Aut Pisa

La giornata di ieri, che ha visto scendere in piazza più di un milione di persone in tutta Italia, è stata ricca di soddisfazioni, contraddizioni, emozioni, riflessioni. Difficile, e forse non del tutto corretto, ricondurre il tutto ad un minimo comune denominatore. Per questo scegliamo di raccontare la giornata, oltre che con due video che raccolgono tante voci, con spunti di riflessione personali e parziali, come quello che segue, che speriamo sia il primo di una lunga serie.

Il serpentone che attraversa la città da piazza Sant’Antonio alla torre è impressionante. Non solo per i numeri (decine di migliaia di persone), ma anche per la composizione: donne e uomini, prevalentemente sulla cinquantina, che probabilmente da una vita non scendono in piazza o che, forse, non ci sono mai scesi.

La prima immagine che mi si affaccia alla mente sono quelle stesse strade, solo qualche mese fa, gremite di studenti e studentesse in lotta contro la riforma Gelmini: i blocchi, le occupazioni, i cortei. Ne ritrovo alcuni e alcune nello spezzone critico degli ombrelli rossi, un po’ spaesati in mezzo a una fiumana eterogenea, che va dal Popolo Viola, alle associazioni pacifiste, dai sindacati, ai collettivi femministi.

Qualcosa nello stomaco mi si aggroviglia, un nodo che sta lì, stretto, e non mi abbandona più fino agli interventi conclusivi, dove una donna rom reclama la propria dignità e il proprio diritto a un tetto sopra la testa accanto a un’assessora della giunta PD, che della lotta all’abusivismo per la dignità dei cittadini ha fatto il cavallo di battaglia della propria governance.

Torno a casa e vedo su Repubblica Piazza del Popolo gremita di persone. A parlare, sul palco, c’è anche Giulia Bongiorno, che dà lezioni di femminismo, libertà, autodeterminazione a una piazza plaudente. Continued…

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Il sessismo nei movimenti

Si è parlato tanto di strumentalizzazione delle donne per questa manifestazione, delle  loro vite, dei loro corpi, delle loro scelte e desideri. Abbiamo ribadito che scendiamo in piazza non per fare un favore ai partiti o ai giornalisti che vogliono fare la crociata anti-berlusconiana nascondendosi dietro le donne, ma per essere noi tutte e tutti le/i prime/i a dire cosa vogliamo e a portare avanti le nostre rivendicazioni con la nostra voce. Questa vicenda ci pone di fronte alla necessità di identificare e smascherare chi usa l’antisessismo per nascondere e dissimulare le relazioni e le dinamiche patriarcali che li riguardano, fenomeno che si presenta non solo nelle istituzioni politiche, religiose ed economiche, ma  anche dentro i movimenti: autoritarismo, gerarchie di potere, consenso acquisito tramite l’imposizione del proprio pensiero o delle proprie pratiche. È molto frequente che l’autorevolezza e la fiducia vengano attribuite a  persone il cui atteggiamento e le cui idee corrispondono a quelle che una società maschilista si aspetta dagli uomini. Quanti di noi ricordano assemblee dove qualcuno voleva convincere gli altri delle proprie proposte usando un linguaggio arrogante  e degli atteggiamenti, modi di gesticolare e d espressioni, che richiamavano alla figura del “capo popolo”. Questo confonde il compito principale di un’assemblea che dovrebbe discutere tutte le proposte per poi scegliere il punto di vista emerso dalla discussione. Chi invece perpetra atteggiamenti di potenza contribuisce al mantenere le assemblee, i gruppi e  le lotte  come spazi gestiti da rapporti di forza e velleità egemoniche. L’egemonia, la logica del più forte e la figura del capo popolo, sono tutti elementi propri di una società basata sul potere, e quindi patriarcale.

Strumentalizzare le donne, strumentalizzare l’antisessismo riproponendo questo modello di lotta  è  una faccia della violenza di genere. Anche dentro i movimenti c’è bisogno di parlarne, di analizzare questo fenomeno, di approfondirlo. Cercando tutte e tutti di andare oltre questa dinamica e creare nuove relazioni anche politiche.

Da Femminismo a Sud

Buona lettura:

Nonostante le differenze e le istanze specifiche dei diversi movimenti, il sessismo è un comune denominatore all’interno delle dinamiche e delle relazioni, sebbene spesso non si fatichi a definirsi *antisessisti *ed * antiautoritari.* Continued…

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Rassegna stampa

segnalateci e/o inviateci il materiale (articoli, foto, video, audio) sulla manifestazione di domenica 13/02 a Pisa!

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Vogliamo tutto SEMPRE! (foto AutAut)

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Video

Racconti e riflessioni

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il discorso dei disertori

foto da riotclitshave

ecco l’intervento letto oggi al termine della manifestazione in piazza dei Miracoli.

Riguardo alla manifestazione di oggi si detto -giustamente- che era opportuno e necessario che anche gli uomini scendessero in strada, non solo come forma di solidarietà, ma anche e soprattutto per rivendicare un diverso modello di uomo. Vorrei riflettere su questo punto perché mi sembra che tocchi nel vivo il dibattito che ha preceduto questa giornata, e anche perché in generale non si parla abbastanza delle responsabilità e delle interazioni tra i maschi ed il maschilismo.

Qualcuno ha ricordato che il maschilismo e la cultura di discriminazione che vige in italia non è stata portata da Berlusconi, ma piuttosto al contrario, che il premier è sintomo e degenerazione visibile di un fenomeno diffuso, che la commistione soldi-sesso-potere è antecedente e profondamente radicata nella società occidentale. Il potere maschile, o se vogliamo chiamarlo il sistema patriarcale, non è concentrato in un unica persona -Berlusconi- ed in un unico luogo -Arcore-, né discente verticalmente da un’unica fonte. Se fosse così sarebbe semplice cambiare  la società, rimuovendo all’origine la fonte e la concentrazione del potere maschile. Continued…

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NOI VOGLIAMO TUTTO. SEMPRE!

[Immagine di Valeria Cademartori]

Buon 13 febbraio di lotta! Ci vediamo in piazza con i nostri ombrelli rossi!

http://www.youtube.com/watch?v=pcDLMIqiqoo

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Torino, sull’aggressione pidiellina nel Partito della Libertà…

Solidarietà alle compagne di Torino!

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via InfoAut 3.0.

Oggi 12 febbraio abbiamo indetto una conferenza stampa , dettata dalla volontà di smentire la ricostruzione dell’occupazione di ieri della sede del Pdl a Torino apparsa oggi sulla maggior parte dei quotidiani nazionali.

Vogliamo prima di tutto prendere le distanze dalle accuse di aggressione a danno di un’ipotetica segretaria che, a detta dei militanti del Pdl, si trovava all’interno della sala. Le aggressioni ci sono state, ma tutte a danno nostro, tre di noi hanno infatti riportato lesioni, documentate dai referti del pronto soccorso.

Tra gli aggressori si è distinto Maurizio Marrone, candidato sindaco per la città di Torino alle prossime elezioni, che non ci ha risparmiato spintoni, calci e insulti mentre cercavamo di leggere un volantino ai presenti in sala. Tutto ciò è documentato in un video che la questura di Torino ha pensato bene di sequestrare all’uscita dallo stabile di corso Vittorio, con l’obiettivo di non divulgare immagini che avrebbero potuto mettere in cattiva luce il candidato sindaco, il noto Agostino Ghiglia e gli stessi agenti delle forze dell’ordine. Continued…

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La violenza sulle donne? Una questione di famiglia…

di Mariangela Priarolo

Nonostante le polemiche, anche legittime, che l’hanno accompagnata, la mobilitazione delle donne a cui stiamo assistendo in questi giorni non può che essere salutata con un sospiro di sollievo. La necessità di (ri)costruire un movimento femminile, unendo la battaglia suscitata dall’indignazione per il famigerato Rubygate con le lotte di chi non ha mai cessato di combattere in difesa dei diritti delle donne, sembra infatti tanto più urgente oggi di fronte all’incessante aumento delle violenze sulle donne (si veda ad esempio http://bollettino-di-guerra.noblogs.org).

È importante notare in questo senso come tali violenze vengano sovente citate dai (tele)giornali o giustificando tacitamente e implicitamente i carnefici, presentati come individui integerrimi o membri inappuntabili della società improvvisamente impazziti a causa di un qualche comportamento della (ex)compagna, oppure, e forse peggio ancora, proponendo un’equazione indissolubile tra immigrazione e violenza. Ecco allora ricomparire sulle prime pagine, cartacee o catodiche, “allarmi stupro”, “emergenza violenza” e proclami di ogni genere, sbandierati da ministri, politici e non meglio identificati esperti, tutti uniti nel ripetere parole d’ordine quali “sicurezza” “controlli capillari” “sorveglianza diffusa”. L’invito alle donne è ahimé sempre il medesimo: chiudersi in casa, sprangare porte e finestre, allungare le gonne, e diffidare di qualunque maschio sconosciuto nel raggio di chilometri. Continued…

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Sono 21 vittime dall’inizio del 2011

Quelle che seguono sono le 21 schede che raccolgono i dati delle 21 vittime di femminicidio da inizio 2011, delitti compiuti dentro e fuori dalla famiglia (in maggioranza dentro le relazioni familiari) per mano di uomini. Un grazie alla costanza e alla tenacia di Bollettino di Guerra senza il cui lavoro recuperare tutti i dati sarebbe stato difficilissimo.

Quello che leggerete è la somma dei nomi delle vittime e delle parole usate dai media per descrivere quel delitto. Parole che quasi sempre giustificano l’assassino. Nome, arma del delitto e parentela dell’accusato.

Non teniamo conto ovviamente delle due bambine rapite dal padre.

Abbiamo prodotto e stampato delle schede che porteremo in piazza domenica 13 , una per vittima. Qui trovate il file: Femminicidi in Italia nel 2011 (fino al 10/02).

Lucha e Lafra

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#1 | 31 dicembre | Lucca

Rijmonda (albanese) | 30 anni | soffocata e abbandonata nei boschi di Stazzema | marito
Secondo le prime informazioni diffuse dagli inquirenti, alla base del delitto ci sarebbero dissidi familiari.
L’uomo ha ammesso il suo coinvolgimento nella morte della moglie e l’occultamento di cadavere, ma ha detto ai carabinieri durante l’interrogatorio che il decesso di Rajmonda e’ stato un incidente, che mentre litigavano in casa la donna sarebbe caduta per le scale, sbattendo la testa, e lui, preso dal panico, ha avvolto il corpo in un telo, l’ha caricato in auto e lo ha gettato in un burrone, a 30 chilometri di distanza dalla loro casa di Stiava, frazione del Comune di Mssarosa. Continued…

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LE LESBICHE ESISTONO SOLTANTO NEI SOGNI

«Alla fine questo lavoro ti vogliono spingere a diventare lesbica, no. Perché i potenti si elettrizzano quando vedono giochini a due e tre. Quindi vogliono che tu ti trovi una tua amichetta di giochi.» (Sara Tommasi, intercettazione).

Essere lesbica non è essere il gioco di carne di un uomo, non siamo barbie saffiche mood off/mood on, né vogliamo esserlo. È il momento di rivendicare in piazza la nostra identità di lesbiche, come scelta affettiva, di vita e politica.

La rivoluzione è lesbica (cit.) e questo voyeurismo machista che vuole che la lesbica sia un trastullo innocuo per il patriarca è una conformazione eterosessista perché integra la lesbica in un sogno erotico da youporn e ne sopprime così il potenziale rivoluzionario, perché non mette in discussione un certo modello sociale e riduce la sovversione a gioco che sostiene e autoalimenta il potere.

Il Rubygate (ultimo della serie degli x-gate riguardanti gli impasse, per usare un eufemismo, del premier Berlusconi), da cui prendono spunto le ultime riflessioni sul ruolo della donna nella società patriarcale italiana oggi, e che spinge a popolare le piazze contro una mentalità machista e maschilista, manca di una voce importante nel movimento delle donne e cioè le lesbiche.

La riflessione di questi giorni sulla mercificazione del corpo femminile, in senso non già di libera e fiera prostituzione che sceglie di usare il suo corpo e non lo riduce a merce, ma di annullamento cortigiano della propria autodeterminazione, testimonia una realtà in cui spesso il potere- ed in senso lato la società che lo sostiene, accoglie e tollera, legittimandolo- oggettifica (e non soggettificata) la donna in un elemento disponibile, accondiscendete e ammiccante in camera da letto o relegata ad un ruolo utilitaristico con funzioni di assistenza, creazione di ricchezza e cura, nella perpetuazione di un suo e nostro ruolo subalterno. Continued…

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