Si è parlato tanto di strumentalizzazione delle donne per questa manifestazione, delle loro vite, dei loro corpi, delle loro scelte e desideri. Abbiamo ribadito che scendiamo in piazza non per fare un favore ai partiti o ai giornalisti che vogliono fare la crociata anti-berlusconiana nascondendosi dietro le donne, ma per essere noi tutte e tutti le/i prime/i a dire cosa vogliamo e a portare avanti le nostre rivendicazioni con la nostra voce. Questa vicenda ci pone di fronte alla necessità di identificare e smascherare chi usa l’antisessismo per nascondere e dissimulare le relazioni e le dinamiche patriarcali che li riguardano, fenomeno che si presenta non solo nelle istituzioni politiche, religiose ed economiche, ma anche dentro i movimenti: autoritarismo, gerarchie di potere, consenso acquisito tramite l’imposizione del proprio pensiero o delle proprie pratiche. È molto frequente che l’autorevolezza e la fiducia vengano attribuite a persone il cui atteggiamento e le cui idee corrispondono a quelle che una società maschilista si aspetta dagli uomini. Quanti di noi ricordano assemblee dove qualcuno voleva convincere gli altri delle proprie proposte usando un linguaggio arrogante e degli atteggiamenti, modi di gesticolare e d espressioni, che richiamavano alla figura del “capo popolo”. Questo confonde il compito principale di un’assemblea che dovrebbe discutere tutte le proposte per poi scegliere il punto di vista emerso dalla discussione. Chi invece perpetra atteggiamenti di potenza contribuisce al mantenere le assemblee, i gruppi e le lotte come spazi gestiti da rapporti di forza e velleità egemoniche. L’egemonia, la logica del più forte e la figura del capo popolo, sono tutti elementi propri di una società basata sul potere, e quindi patriarcale.
Strumentalizzare le donne, strumentalizzare l’antisessismo riproponendo questo modello di lotta è una faccia della violenza di genere. Anche dentro i movimenti c’è bisogno di parlarne, di analizzare questo fenomeno, di approfondirlo. Cercando tutte e tutti di andare oltre questa dinamica e creare nuove relazioni anche politiche.
Buona lettura:
Nonostante le differenze e le istanze specifiche dei diversi movimenti, il sessismo è un comune denominatore all’interno delle dinamiche e delle relazioni, sebbene spesso non si fatichi a definirsi *antisessisti *ed * antiautoritari.*
Sarebbe interessante riflettere sul perché movimenti e realtà che si definiscono antisessisti, ripropongano poi al proprio interno meccanismi e atteggiamenti fondati su più o meno implicite discriminazioni e autoritarismi.
Forse è una “questione” che viene comodamente accantonata perché l’antisessismo implica impegno e il mettersi in discussione anche intimamente e non tutti sono disposti a farlo per cui la maggioranza fa finta di niente, molto meglio negare il problema, che affrontarlo.
Forse si sta perdendo sempre di più il significato ed il senso dell’ orizzontalità, e nel nome della praticità, della concretezza e della specificità delle situazioni e dei contesti di lotta, si accantonano e sminuiscono sempre di più principi, metodi e atteggiamenti che permettano un reale abbattimento delle gerarchie e delle discriminazioni.
E forse, non sarà un caso che sessismo e autoritarismo sono atteggiamenti che vanno sempre più spesso a braccetto, e spesso la causa dell’allontanamento e del distacco di chi non è disposto a condurre una lotta al fianco di chi non intende abbattere le gerarchie di genere.
Ancora oggi il sessismo viene considerato un “problema minore”, secondario, non prioritario rispetto alle lotte che si portano avanti, e si pensa che sia sufficiente infilare da qualche parte la parolina “antisessisti” per aver reso giustizia alla questione, piuttosto che intraprendere un reale percorso di riflessione e di cambiamento.
La mancanza di consapevolezza politica e anche l’ignoranza su tanti aspetti, porta la maggior parte delle persone ad accettare come normale che ci sia qualcuno, quasi sempre maschio, che parli, decida, agisca per conto degli altri.
E cosi’, spesso a decidere sono maschi, a parlare pubblicamente sono maschi, le opinioni che contano e che vengono prese in considerazione sono quelle maschili, gli atteggiamenti sono impregnati di autoritarismo, gli stereotipi di machismo, commenti sessisti “*sono solo battute, non te la prendere…”*, e ci si divide tra chi questi atteggiamenti li considera normali e fisiologici e chi invece li denuncia, col rischio di venir il piú delle volte esclus* .
In alcuni ambienti dell’antifascismo, si sprecano i luoghi comuni sessisti,atteggiamenti omofobici, e stereotipi impregnati di machismo.
Lo stesso vale per gruppi antispecisti che ripropongono uno stereotipo di liberatore di animali fortemente connotato con caratteri di machismo e militarismo.
E mentre ci si prodiga vicendevolmente a rimproverare gli altri movimenti di non prendere seriamente in considerazione le proprie istanze, non ci si accorge di quei fili conduttori e di quei denominatori comuni che accomunano tutt*, nei metodi e nei modi di relazionarsi.
Ci sarebbe allora bisogno di una maggiore presa di consapevolezza politica e una ribellione dall’interno dei diversi movimenti che porti finalmente a galla l’ipocrisia del definirsi antisesissti pur sminuendo il sessismo, considerandolo una questione minore, svilendone la portata politica con atteggiamenti, scelte e dinamiche quotidiane.
oh lucha come hai ragione…poi in questo momento vivo in prima persona una situazione legata giustamente al sessismo e all’autoritarismo nel centro sociale di cui faccio parte…che dirti ho denunciato l’accaduto…ma alla fine so che sarò io quella che partirà… é veramente una situazione di merda…ti senti sola per non parlare dell’omertà presente in tali situazioni